Consonno e il Conte Mario Bagno

Io e Mario ci siamo fatti appassionare da questa storia che ci hanno raccontato Laura ed Ivan... 

Un vecchio Borgo Brianzolo completamente distrutto, negli anni 60, per far spazio ad una specie di Las Vegas all'italiana.

Ad Opera di un costruttore brianzolo, il Conte Mario Bagno...

Che dire sembra uno di quei film in bianco e nero con il "cumenda" che fa galoppare i suoi e parla con l'accento milanese.

Ed invece è tutto vero. Maggiori informazioni qui:

LA STORIA DI CONSONNO, DA BORGO A CITTA' DEI BALOCCHI
http://www.consonno.it/home.htm

Fotografia di Alberto Segramora

Un video della TV Svizzera

 
 

E un articolo di un giornale locale (Il GIORNO - di Lecco):

 

Consonno, 5 dicembre 2011 - Cammina con le mani in tasca, volgendo il capo ora da un lato ora dall’altro: «Che disastro», mormora. Arbusti alti come siepi, vetri rotti, colonne spezzate e facce spaventate dipinte sui massi. «Non venivo qui da vent’anni». Luigi Pellegatta vive ad Annone, poco più in là di quel piccolo borgo a quasi 700 metri di quota ribattezzato il paese dei balocchi o la Las Vegas della Brianza, che ha contribuito a costruire con le sue mani di imbianchino. Racconta di quel Conte Mario Bagno che a Vercelli, dove nacque nel ‘900, comandava a bacchetta le mondine, e giù in Sardegna costruiva autostrade senza badare né alle spese né a madre natura.
 

Luigi ricorda bene il paese di Consonnofrazione del comune di Olginate che gli sta proprio di sotto, con una vista mozzafiato sul lago di Garlate e dritto in faccia alle creste affilate del Resegone.Brianza genuina, bella da togliere il fiato, verde di castagni e ricca di sedano e porro. Di questo vivevano le sessanta famiglie fino al 1962, quando il conte Bagno lì vi giunse e pensò: «E’ perfetto. Lo faccio diventare un parco dei divertimenti». I proprietari di quel paese agricolo mezzo montano, circondato dalle Prealpi lecchesi e a un tiro di schioppo da Lecco e da Milano, erano i commendatori Anghileri e Verga. Avevano tutto: le case, i 170 ettari di terreno e la chiesetta del 1400 col cimitero, e il Conte tutto si comprò per 22 milioni e cinquecentomila di lire.

Roberto Milani è vissuto qui 53 anni. Ha la faccia rotonda e il sorriso simpatico. Racconta com’era la Consonno di prima, quella di poi e quella di adesso che chiamano fantasma, buona per girarci film surreali o videoclip angoscianti: «Sono rimasti solo rottami. Rivorrei il borgo com’era, prima del Luna park»Consonno venne rasa al suolo con le ruspe che ancora ci vivevano gli abitanti. Giù le case; sù una strada nuova di collegamento con Olginate: dimezzata con la dinamite la collina di fronte al Resegone: «Voleva che si vedesse il panorama». L’hanno ribattezzata Monte Mario, e per godersela bisogna salire fino al Minareto. Sotto la torre arabeggiante, ci sono i resti di quella che fu una galleria di negozi. «Traboccavano di giochi – ricorda un ragazzo che ci venne con la famiglia da bambino nel ‘70 - Consonno era una favola». Il Conte costruiva e disfaceva: «Qui ci voglio il campo da tennis, là il minigolf. Qui ci metto il circuito delle automobiline e là le giraffe». Salendo dalla strada che penetra nei boschi, si incontrano ancora cartelli arrugginiti: “A Consonno è sempre festa; “Qui tutto è meraviglioso”: “A Consonno il cielo è più azzurro”.


L’impresa costruiva, ma la collina franava e il Conte dovette ridimensionare i suoi sogni di bambino ingordo: del castello progettato restano solo piloni di cemento e il cantiere si vede ancora, arrugginito e solitario a futura memoria di troppa mania di grandezza. Nei primi anni ’70 il salone delle feste era il richiamo della Brianza e del Milanese. Erano gli anni d’oro della musica italiana figlia del boom, del rock e delle canzonette di Sanremo. E così sotto le luci stroboscobiche arrivarono Celentano con Mina, i Dik Dik e Pippo Baudo. Di giorno le famigliole e di notte il ragazzo della via Gluck. Lo scempio che il Conte Bagno era riuscito a far ingoiare con l’inganno anche al comune di Olginate, aveva fatto centroConsonno era un’onirica Rimini brianzola dal richiamo irresistibile. Finché arrivarono le prime denunce, e la ribellione della natura sventrata diede il colpo di grazia al paese dei balocchi. Nel ‘95 il Conte Mario si spense (novantenne) senza rimpianti né sensi di colpa , lasciando sul gobbo degli eredi un paese in rovina. E a finire di farlo a pezzi ci pensarono i rave party.

A Consonno oggi ci vive solo Ferruccio, nell’ex canonica salvata dalle ruspe. Selvatico come le galline che alleva, brontola per le troupe della tv o quelle del cinema e per gli studenti del Politecnico di Milano che camminano con il naso all’insù e le mappe in mano per farsi venire idee architettoniche future o studiare quelle passate.Nel 2004 consonnesi cacciati dal Conte senza un briciolo di indennizzo, hanno infine creato un’associazione, e a capo ci hanno messo Barbara Fumagalli, architetto 28enne naturalmente discendente di nativi della frazione. Due volte all’anno organizzano scampagnate e ogni domenica il parroco di Olginate sale alla chiesetta per dire Messa tutta per loro. La strada è chiusa alle auto con una sbarra e le parti pericolanti sono trasennate con la plastica. Ma i ragazzi vanno lo stesso a baciarsi sulle panchine. Nel nuovo piano regolatore ci sono le premesse per fare rinascere il paese, ma come? «Consonno così come l’ha pensata il Conte, risveglia il fancullino che è dentro di noi - scrive sul sito www.consonno.it</CF> che il giornalista locale Giovanni Zardoni ha creato per far conoscere il posto più assurdo del mondo - non toglieteci il ricordo dei favolosi anni ’60». Il diabolico Conte riderebbe di gusto.

di Bruna Bianchi - http://www.ilgiorno.it/lecco/cronaca/2011/12/05/631767-nella_citta.shtml

 

 

 

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